La scoperta e il recupero della mummia di marmotta
Il prossimo 14 Giugno sarà possibile vedere la Marmotta del Lyskamm. Dopo quasi due anni di ricerca e di studio, questo esemplare unico e straordinario verrà esposto al pubblico in una teca appositamente progettata per la sua conservazione.
Ripercorriamo insieme le tappe di questo ritrovamento e del suo successivo recupero.
Frutto di una fortuita scoperta nell’agosto 2022, la piccola mummia di marmotta è stata rinvenuta da una guida alpina sulla parete est del Lyskamm, ghiacciaio appartenente al gruppo del Monte Rosa e localizzato nel comune di Gressoney-La-Trinité ad un’altitudine di 4.291 metri s.l.m.
La guida alpina Corrado Gaspard aveva deviato dal normale percorso, a causa di un’interruzione, imbattendosi così in questo ritrovamento particolarmente curioso, per aspetto e conservazione. La piccola marmotta era adagiata su una roccia, in posizione raccolta, come a volersi proteggere o scaldare, rannicchiata sul fianco sinistro. Avendo intuito che poteva trattarsi di un unicum, ha segnalato il ritrovamento del reperto alle autorità competenti.
Come vi è arrivata la notizia del ritrovamento e in che modo vi siete attivati per il recupero? Può raccontarci i fatti salienti di quella giornata?
Santa Tutino, Dirigente regionale e Direttrice del Museo
L’Amministrazione regionale attraverso la Struttura biodiversità, sostenibilità e aree naturali protette, è stata promotrice del recupero, reso possibile grazie alla Presidenza della Regione che, compreso subito il potenziale valore scientifico del reperto, ha autorizzato l’utilizzo dell’elicottero in uso alla Protezione civile per le operazioni.
A seguito di accordi con gli uffici competenti del Dipartimento protezione civile e con i Vigili del fuoco è stato organizzato il volo. La squadra era composta dalla guida alpina artefice della scoperta e Velca Botti, biologa del Museo. La collaborazione con l’Istituto per lo studio delle mummie EURAC Research di Bolzano ha permesso inoltre di definire il protocollo di recupero e di conservazione.
Quando è stato coinvolto l’EURAC? I ricercatori di Bolzano avevano già intuito le potenzialità del ritrovamento: dalle foto e dalla sua collocazione geografica?
Santa Tutino: i ricercatori dell’EURAC sono stati coinvolti fin da subito, in quanto hanno collaborato alla definizione delle procedure per il recupero e successivamente ad assicurare la conservazione del reperto una volta collocato presso i laboratori del Museo.
Il supporto dell’Istituto per lo studio delle mummie è stato fondamentale per il Museo, vista la loro esperienza in materia di studio e conservazione delle mummie naturali.
Inizialmente nessuno immaginava l’importanza scientifica dell’esemplare ed è stato grazie all’approccio scientifico condiviso con EURAC che sono stati ottenuti i primi dati, tra cui la datazione al radiocarbonio, che hanno giustificato anche l’avvio del progetto di ricerca multidisciplinare The Marmot Mummy Project.
Al momento della scoperta il dato che appariva più significativo era la presenza di un esemplare di marmotta a quella quota, certo, nessuno poteva immaginare da quanto tempo fosse in quel luogo.
Come si è svolto il recupero? Quali precauzioni sono state prese?
Velca Botti: biologa e ricercatrice del Museo regionale di Scienze naturali della Valle d’Aosta
Tutto è avvenuto senza problemi o imprevisti nella mattina del 14 agosto. Le operazioni sono state condotte in 4,5 ore, con un volo in elicottero andata e ritorno da Courmayeur a Gressoney-La Trinité, poi in macchina fino alla sede operativa del Museo di La Salle per l’ispezione del reperto e la sua conservazione nei laboratori.
La mummia è risultata facilmente amovibile dalla roccia su cui giaceva, le stabili condizioni meteo hanno consentito le operazioni a 4.300 metri e la mummia ha raggiunto il laboratorio perfettamente integra e nei tempi previsti per l’ispezione e la conservazione.
Il materiale necessario e le fasi per il recupero sono stati decisi preventivamente in laboratorio, prima delle operazioni in elicottero.
L’approccio scientifico corretto non è stato così semplice da definire in così poco tempo, data la complessità dell’operazione, la straordinarietà del reperto, l’avvio di una nuova collaborazione con EURAC e la predisposizione del materiale necessario, incluso quello per la documentazione.
Tutto è avvenuto senza problemi o imprevisti nella mattina del 14 agosto.
Il protocollo per il campionamento e la conservazione è stato stilato in collaborazione con EURAC.
In particolare si è deciso di: effettuare un prelievo per quanto possibile in sterilità, monitorare temperatura e umidità, trasportare la mummia in condizioni di refrigerazione, prelevare campioni di sedimento dal sito del ritrovamento, effettuare una prima ispezione in laboratorio decidendo di non congelare il reperto.
È possibile determinare da quanto tempo la Marmotta fosse esposta e dove potesse trovarsi originariamente?
Velca Botti: con il set attuale di dati a disposizione di Fondazione Montagna Sicura la prima emersione potrebbe essere datata al 2016, tuttavia maggiori dati storici sono necessari per confermare questa prima ipotesi.
Qual è stata l’emozione del ritrovamento, sia dal punto di vista umano, che da quello di ricercatrice?
Velca Botti: la notizia del ritrovamento ha suscitato in me una forte curiosità e un’emozione che ha portato a rendermi disponibile fin da subito per le attività connesse al recupero della piccola marmotta mummificata. L’opinione generale intorno alla notizia del ritrovamento era di scetticismo e prudenza, ma questo non ha contaminato la mia positività. Fin da subito ho pensato che poteva trattarsi di un’opportunità di studio e di ricerca scientifica per il Museo, indipendentemente dal valore del reperto, data l’importanza di esaminare i tanti ritrovamenti che sono emersi dai ghiacci negli ultimi anni in Valle d’Aosta.
Sabato 14 agosto, dopo le operazioni di recupero in elicottero, ho avuto il tempo per esaminare con calma la mummia nel silenzio del laboratorio. La marmotta piccola tra le mie mani era conservata incredibilmente bene, oltre ogni aspettativa, con ancora i tessuti integri e la pelliccia. La posizione fetale in cui era, come se dormisse, mi ha dato la sensazione che tutto si fosse fermato in quel momento. Quel piccolo corpo infondeva una certa dolcezza, che le foto, ancora oggi, non sono capaci di esprimere.
Che cosa ci potrà dire la ricerca scientifica rispetto a questa scoperta?
Velca Botti: la scoperta di una mummia naturale di 6.600 anni, età attestata da un’analisi al radiocarbonio su 3 costole prelevate, le attribuisce un indubbio valore scientifico-culturale che ci lascia la possibilità di compiere indagini scientifiche in diversi ambiti.
A questo proposito è stato istituito un gruppo di lavoro che vede la partecipazione di archeologi, biologi, genetisti, glaciologi, naturalisti e veterinari ed è stato avviato il progetto denominato The Marmot Mummy Project per mettere in atto uno studio multidisciplinare sulla mummia e sul contesto di ritrovamento.
Possiamo indagare quindi sulla morfologia della mummia per ipotizzarne l’età, il sesso e le cause della morte, studiare gli aspetti genetici tra cui quelli dell’ambiente di ritrovamento, approfondire le conoscenze geologiche con particolare riguardo al Monte Rosa e le dinamiche dei ghiacciai in relazione al cambiamento climatico, intersecare le conoscenze archeologiche e storiche della Valle d’Aosta con quelle dell’epoca in cui visse la marmotta.
Che cosa rappresenta per il Museo di scienze naturali questa scoperta?
Santa Tutino: il reperto ha un importante valore archeologico, storico e culturale per l’intera Valle d’Aosta in quanto la datazione lo colloca nel medesimo periodo dell’area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans e della necropoli di Vollein ed è quindi un ulteriore tassello della storia della nostra Regione.
Dal punto di vista scientifico, in Valle d’Aosta prima d’ora non era mai stata ritrovata una mummia naturale, questo rappresenta un unicum che apre le porte ad una serie di opportunità di ricerca scientifica. Considerati gli effetti del cambiamento climatico sui ghiacciai e il loro scioglimento, nuove scoperte e nuovi reperti probabilmente verranno alla luce.
La mummia di marmotta potrebbe quindi non essere l’unico reperto ad emergere e questo permetterà l’avvio di nuovi filoni di ricerca, opportunità di collaborazione ed acquisire ulteriori competenze.
Dal punto di vista museale, infine, sarà possibile strutturare nuove attività promozionali, divulgative ed educative che permetteranno al Museo di rafforzare il suo rapporto con il territorio e di consolidare il suo ruolo di ente di ricerca e di divulgazione al servizio della collettività.
Le immagini sono di proprietà del Museo di Scienze naturali Efisio Noussan per gentile concessione di Velca Botti
Santa Tutino Dirigente museale - Museo Scienze naturali Efisio Noussan
Biologa, dirigente presso la Regione autonoma Valle d’Aosta, si occupa di conservazione della natura, aree naturali protette e sostenibilità. Direttore del Museo regionale di Scienze naturali Efisio Noussan e responsabile del laboratorio di biotecnologia, ha coordinato il progetto di restauro e riallestimento del Museo nel Castello di Saint-Pierre. Responsabile della gestione e della valorizzazione turistica sostenibile delle aree naturali protette regionali.
Velca Botti Biologa ricercatrice - Museo Scienze naturali Efisio Noussan
Ricercatrice del Museo di Scienze naturali dal 2013, è laureata in Biotecnologie mediche, farmaceutiche e veterinarie presso l’Università degli Studi di Pavia. Nell’ambito dell’Unità di Ricerca VDNA Barcoding ha allestito il primo lab di biotech in Valle d’Aosta dotato di sequenziatore per il DNA. Si occupa di eseguire analisi genetiche negli ambiti natura e biodiversità, agrifood e conservazione dei beni culturali, di progettazione, di divulgazione scientifica ed è autrice di pubblicazioni.